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In the Shoes of the Other: Interdisciplinary Essays in Translation Studies

Cosa sarebbe oggi la cultura senza le traduzioni di Omero o di Proust? Come diventa Harry Potter quando lo si traduce in arabo? E Shakespeare? Quali sono le tracce che il traduttore lascia nell’opera tradotta? In quanto essenza di un mondo globalizzato, la traduzione può essere considerata come condizione fondamentale dell’esistenza? 

Queste sono solo alcune delle riflessioni che scaturiscono dai seminari raccolti in questa antologia pubblicata in occasione del decimo anniversario del Centro Studi di Traduzione presso l'American University del Cairo (AUC). Scopo principale del Centro, per usare le stesse parole della fondatrice Samia Mehrez, è:

 

"contribuire a diffondere la vita culturale e intellettuale dell'Egitto attraverso la formazione di una nuova generazione di teorici, ricercatori e professionisti della traduzione".

 

Facendo tesoro delle esperienze di un arco decennale di studi (2009-2019), l’antologia nasce con la funzione di coinvolgere e aggregare chi ha a cuore la traduzione dall’arabo, anche al di fuori dell’AUC, e fornire uno strumento per navigare nell’oceano della vasta produzione editoriale del mondo arabo, come ella stessa sottolinea:

 

“Per dieci anni abbiamo cercato di promuovere una comprensione molto ampia e inclusiva di ciò che significa traduzione e di come ha un impatto tanto su ciò che facciamo. Abbiamo curato e ospitato lezioni in diversi campi come la teoria postcoloniale, studi di genere, studi sui media e sui film, linguistica e lingue minoritarie, scienze politiche, storia, arti visive, diritto, fotografia, drammaturgia, diplomazia, studi urbani, scrittura creativa, letteratura critica e, naturalmente, studi di traduzione."

 

Le parole della Mehrez fanno riflettere sulla profondità e la grandezza dell’opera, oltre 400 pagine di esperienze di vita, lavoro, pensieri e punti di vista diversi, profondamente legati dal forte e ineludibile fil rouge della traduzione. E così, mettendo insieme i vari pezzetti del puzzle, scopriamo, da questo o da quell’autore, quanto sia importante il contributo della traduzione come attività linguistica e culturale in un mondo sempre più interconnesso e quanto, come afferma la Mehrez nella citazione riportata di seguito, sia indispensabile studiarne le tecniche, esplorarne i problemi, come: 

 

“l'arabizzazione e l'egittizzazione dei testi, nonché le sfide, i vincoli e le opportunità fornite attraverso l’adattamento creativo nel contesto target. Problemi di traduzione per il palcoscenico, interpretazioni arabe delle opere teatrali di Ibsen, Shakespeare in arabo egiziano colloquiale e traduzioni di film e testi di Walt Disney sono tra gli argomenti discussi in questa sezione”.

 

Come già sosteneva il grande traduttore dall’arabo all’inglese Humphrey Davies, che conosceremo più avanti, tradurre altro non è che mettersi nei panni dell’altro, e questo ingrediente irrinunciabile, che rende il tutto più fluido, amalgamato e spontaneo, non a caso è stato scelto dalla Meherz come titolo per il questo importante volume. 

 

Prima, però, di entrare nel merito dei vari seminari che compongono l’antologia, un occhio di riguardo spetta sicuramente al contributo importante che il progetto della Mehrez apporta anche da un punto di vista socio culturale. A prendere parte a questi studi, come vedremo, sono traduttori di autori arabi, soprattutto egiziani, la cui produzione è fortemente condizionata dal contesto nel quale vivono. Ogni traduttore, conciliando le informazioni fornite dal testo e dal dizionario, piuttosto che da una rappresentazione teatrale o da un film, ci offre una prospettiva intessuta della realtà del contesto socioculturale del Cairo. Lo attesta la stessa Mehrez, durante la cerimonia di presentazione dell’antologia, quando afferma: 

 

“I primi anni del centro hanno vissuto un momento storico importante in Egitto, vale a dire la rivolta del gennaio 2011. L'energia rivoluzionaria che ha accompagnato i primi anni del Centro ha infuso una determinazione a resistere e persistere nonostante i vincoli istituzionali e di bilancio. In tal modo ha aperto territori inesplorati oltre i confini dei programmi accademici e ha ampliato i parametri del suo impegno con la traduzione, nonché le sue reti regionali e globali”.

 

Sicuramente, l’aspetto più significativo di questo ultimo periodo, è anche la diffusione capillare e mediatica di testi poetici, tramite pubblicazioni, piattaforme digitali e social network. 

 

Struttura del libro e collaboratori

 

L’antologia è stata pubblicata nel dicembre 2019 da Al Kotob Khan, una delle principali case editrici indipendenti egiziane, ed è divisa in sei parti, senza considerare l’introduzione e la prefazione.

 

La prima parte si intitola “Il traduttore: memorie, testimonianze e riflessioni” e parla dei maggiori traduttori dall’arabo all’inglese, oltre che dal francese e italiano all’arabo. Tra i principali studiosi appartenenti a questa sezione, spicca senz’altro Denys Johnson-Davies il più grande traduttore arabo-inglese, il primo a tradurre l'opera del Premio Nobel Nagib Mahfuz. Il suo saggio “Memorie in traduzione: un estratto” è un racconto molto interessante della sua vita come traduttore, corredato da numerose foto dell'autore insieme ad alcuni dei grandi scrittori di lingua araba citati nel libro, che mappa le difficoltà del traduttore e della traduzione nel campo della letteratura araba. Davies, convinto del fatto che il mondo culturale senza i suoi traduttori non avrebbe potuto accedere ai grandi testi della letteratura greca né a figure di rilievo come Proust o lo stesso Mahfuz, afferma che la traduzione è un’arte che richiede molto più della semplice conoscenza di due differenti lingue. Nelle sue memorie ricorda: 

 

“quando iniziai a tradurre alcuni dei più famosi scrittori arabi del XX secolo, a Londra nessuna casa editrice assumeva qualcuno interessato alla moderna letteratura araba o in grado di leggere una parola di arabo.”

 

Questo ci fa riflettere sulla situazione attuale delle traduzioni in generale, che rappresentano solo il 10% delle pubblicazioni mondiali e di queste, meno dell’1% sono traduzioni dall’arabo. Tuttavia, rispetto a 20 anni fa, gli studi sulla traduzione dall’arabo hanno subìto un’espansione rapida e radicale. La svolta in questo campo è giunta sicuramente dopo l’11 settembre, quando la comunità internazionale sempre più globalizzata ha reso le traduzioni dall'arabo una merce molto più richiesta, come sottolinea Humphrey Davis, altro personaggio determinante di questa prima sezione dell’antologia, eclettico traduttore dall’arabo all’inglese. Lo storico dibattito su "addomesticamento o straniamento" è, secondo Davis, uno dei temi più affascinanti, complessi e importanti e, descrivendo la traduzione, spiega

 

“La domanda che mi passa per la testa quando traduco qualsiasi lavoro è cosa intende qui veramente l'autore  e potrei dirlo se usassi l'inglese?"

 

In occasione dell’uscita del presente volume, nella sua incoraggiante presentazione intitolata "Hai fatto molta strada, piccola!", ha descritto l'attuale posizione della traduzione letteraria dall'arabo all'inglese come significativamente più forte, aggiungendo che la qualità e l'importanza della letteratura araba è molto più ampiamente riconosciuta nel mondo di lingua inglese. Secondo Davies, un importante indicatore di una posizione così migliorata è deducibile dall'elenco di lavori pubblicati e sostenuti finanziariamente da PEN UK, il braccio britannico dell'associazione mondiale degli scrittori, che conteneva ben 4 traduzioni dall'arabo. Il 2019 può essere visto come un altro anno di successo per la traduzione letteraria arabo-inglese, ha spiegato Davies perché a maggio, la traduzione di Marilyn Booth del “Celestial Bodies” di Jokha Alharthi ha vinto il Premio Internazionale Booker, la prima volta che un romanzo arabo ha vinto un grande premio in concorso con opere di altre letterature nella traduzione inglese. Infine, conclude affermando: 

 

“Significa che l'esistenza di una fiorente e moderna letteratura araba è riconosciuta al di fuori dell'Accademia; che a quella letteratura viene concesso rispetto, e che viene letta al di fuori del suo territorio di origine. E questo è qualcosa di nuovo e qualcosa da festeggiare.”

 

Tra gli altri studiosi della prima parte dell’antologia, degna di nota è Tahia Abdel Nasser, professoressa di inglese e letteratura comparata, per il suo saggio “Traduzioni di Nasser tra il pubblico e il privato” nel quale discute del ruolo della traduzione durante la rivoluzione in Egitto e le aspirazioni nazionali degli anni '50 e '60, producendo così nuove conoscenze sul mondo arabo per un pubblico non arabo. 

 

Rimanendo ancora nella prima parte dell’antologia, un altro importante contributo è dato da Ferial Ghazoul, professoressa di letteratura inglese e comparata presso l’AUC, la quale nel suo seminario "Traduzione: una passione per la conoscenza e un desiderio per la cultura mondiale" ci spiega il paradosso felicità-tristezza che costituisce il nucleo di ogni atto di traduzione: 

 

"I traduttori sono dilettanti, non nel senso di essere incompetenti, ma nel senso etimologico del termine. Amateur viene dal latino, amator, che significa amante. E come gli amanti, i traduttori provano sofferenza e felicità. Non scambierebbero il loro stato di amore non corrisposto con nessun altro stato dell'essere. I piaceri della traduzione si mescolano alle agonie di trovare il tono giusto, la corrispondenza corretta e la sintassi parallela."

 

Il traduttore, continua, non è mai soddisfatto perché le traduzioni non sono mai perfette. Per tradurre non basta avere un vocabolario o una grammatica, bisogna riuscire a comprendere la cultura, e afferma che:

 

il traduttore deve essere anche un linguista e un antropologo”.

 

La seconda sezione dell’antologia, “Traduzione, migrazione e identità”, raggruppa saggi sulla relazione tra potere della traduzione e identità in un mondo globalizzato. Khaled Mattawa, poeta libico che vive negli USA, ma anche traduttore di spicco della poesia araba in inglese, ci mostra la  necessità ma anche le difficoltà di superare le barriere burocratiche e appianare le divergenze linguistiche e culturali in una Libia sotto il regime di Gheddafi. Il suo racconto, narrato in prima persona, è scritto con uno stile semplice e scorrevole, che arriva diretto al punto, utilizzando sempre immagini evocative. Molto bella è la metafora della traduzione come traghetto che deve colmare distanze incolmabili portando il giusto senso da una riva all’altra. La sua esperienza lo porta a mettere sullo stesso piano la traduzione e la sua grande passione per la poesia, infatti nell’ultima parte del racconto afferma:

 

“la traduzione contiene uno dei doni essenziali della poesia. I grandi poeti, per me, sono quelli che hanno un senso più ampio di ciò che possono vedere, sentire ... Dobbiamo essere disposti a cambiare ciò che vediamo e diciamo, per provare un senso più ampio di ciò che può essere detto, visto e sentito”. 

 

La terza parte dell’antologia ha come titolo “Traduzione letteraria: sfide e opportunità” ed è dedicata alle difficoltà di riprodurre il senso originario nel testo letterario. Ottimi spunti di riflessione, a tal proposito, si possono trarre dall’intervento di Rehab Saad ElDomiati che ha posto al centro della sua “mission” proprio l’accuratezza e la ricerca perpetua di scelte traduttive ponderate e coerenti. Soprattutto se il testo che si ha di fronte appartiene al genere fantasy, come nel suo caso. Nel seminario “Cosa è successo a Harry Potter in arabo?”, partendo dalla traduzione araba del libro pubblicata dal Nahdet Misr Publishing Group, ElDomiati analizza i vari aspetti che secondo lei possono essere migliorati per rendere giustizia alla famosa serie della Rowling.

L’uso dell’arabo classico, in primis, considerato non adatto ai bambini e teenagers, in favore dell’arabo egiziano per le parti colloquiali, molto più espressivo per i giovani, e dell’arabo standard moderno per le sole parti narrative. In secondo luogo, i riferimenti ai costumi e alle pratiche culturali occidentali, considerati non familiari o inappropriati per il lettore arabo, che devono ricevere, a suo avviso, un trattamento speciale nella traduzione. Proponendo dei cambiamenti sostanziali nell’architettura del testo, quali modifiche dei nomi di personaggi, scuole e strade, in nomi arabi, afferma che, al fine di ottenere una traduzione più fresca ed efficace, è lecito prendersi la libertà di giocare con le parole invece di usare la pura e semplice traslitterazione. Semplicemente traslitterando i nomi, per il lettore arabo sarebbe molto difficile riconoscere che quei nomi hanno un significato specifico, per cui non apprezzerebbero alla fine né i giochi di parole né l'umorismo nell'uso di cognomi, situazioni o personaggi famosi associati alla cultura europea. Secondo ElDomiati, per tradurre bisogna imparare a gestire i condizionamenti culturali. Ad esempio: in Egitto o in qualsiasi paese musulmano non verrebbe mai servito del bacon a colazione, quindi suggerisce che sarebbe più opportuno sostituirlo con pastirma. Idem per altri termini di cibi e bevande alcoliche, che vanno tutti sostituiti con nomi più familiari per renderli più vicini alla cultura di arrivo. Tutto questo, ci tiene a sottolinearlo, non per motivi religiosi ma per motivi culturali. Tutte queste imprecisioni di cui ci parla, in aggiunta a vari altri errori, cancellazioni non necessarie e casi di traslitterazione errata, non solo interferiscono con la fluidità della lettura ma impediscono di raggiungere appieno l’effetto del mondo magico e del suo equilibrio con quello normale. Infine, come esempio pratico, la studiosa mette a confronto la prima pagina della traduzione ufficiale con un suo tentativo di traduzione, mostrando quanto siano in realtà i cambiamenti e le giuste scelte traduttive da lei apportate a far mantenere vivo in arabo lo stesso spirito e lo stesso piacere nella lettura della lingua originale.

 

Le parole, come ci stanno insegnando i vari studiosi, sono importanti ma non sono gli unici strumenti per la comunicazione. Nella quarta parte dell’antologia, troviamo infatti una serie di seminari sulle sfide nel passaggio da una cultura a un’altra, attraverso l’uso di idiomi linguistici, registri e metafore e come questi viaggiano tra lingue differenti e in contesti differenti. Lisa Anderson, ex presidente dell'AUC, ad esempio, con il suo “Gesti, immagini, parole, numeri: come si dice la verità al potere”, mette in relazione il potere che sta dietro alla traduzione di varie immagini e parole come simboli della nostra vita quotidiana e pone l’accento sull’importanza dei numeri e alla loro forte capacità di trasmettere il potere. Secondo l’autrice le forme di espressione che usiamo per trasmettere le idee, cioè come, dove, quando e perché usiamo un certo tipo di gesti o immagini, hanno molta importanza. I numeri, al pari delle parole e delle immagini, sono una forma di espressione che forse più di tutte esprime potere. L’equazione di cui parla è semplice: chi ha potere, sa usare meglio i numeri (budget, KPI, piuttosto che dati statistici per citare solo qualche esempio) rispetto a chi non ne ha. C’è quindi una relazione tra paesi ricchi e buona capacità di leggere i numeri e viceversa. Soprattutto nel mondo attuale, l’impatto dei numeri può essere immenso, se si pensa che possono determinare migliori capacità comunicative, maggior potere, quindi controllo, libertà, persino giustizia. E per fare un esempio, cita il Marocco e l’Egitto, dove la scarsa capacità di usare i numeri significa purtroppo meno trasparenza, meno giustizia, meno libertà.

 

Nel quinto capitolo dell’antologia, intitolato “Traduzione attraverso le discipline” vengono raggruppati saggi che esplorano l’impatto politico e culturale di una vasta gamma di traduzioni. Un intervento significativo è dato dal seminario di Anwar Moghith, professore di filosofia alla Helwan University e direttore del National Center for Translation, intitolato "Strategie di traduzione, politiche di traduzione". Durante la tavola rotonda di presentazione della presente antologia, Moghith afferma:

 

il governo è emerso come un attore chiave nel campo della traduzione, intervenendo in vari modi. Ma la storia contemporanea della traduzione in Egitto può anche aiutarci a comprendere la traduzione nel quadro del libero mercato, lontano dal coinvolgimento dello stato”.

 

Di grande rilievo è anche il contributo dato da Emad Abou Ghazi, ex ministro della cultura egiziano, con il suo seminario dal titolo "Traduzione in arabo in Egitto: una prospettiva storica", in cui ha presentato un meticoloso sondaggio su iniziative e progetti di traduzione finanziati dallo stato in Egitto a partire dal dominio di Muhammad Ali fino all'inizio degli anni 2000. Abu Ghazi ha dichiarato che la traduzione, svolgendo un ruolo importante per raggiungere la rinascita in tutte le società in via di sviluppo, ne ha aumentato la necessità nell'era della globalizzazione e della rivoluzione dell'informazione e della comunicazione ed è diventata una condizione per colmare il divario di conoscenza tra le società.

 

L’antologia, come possiamo constatare, non tratta solo il genere della letteratura. Grande importanza è data anche all’arte, nonché al teatro e al cinema, tramite il sottotitolaggio e il doppiaggio, come possiamo vedere dall’ultima sezione, la sesta, intitolata appunto “Il palcoscenico, lo schermo e le lingue nel mezzo”. Tra gli studiosi di questo ultimo gruppo, troviamo Zeinab Mobarak che nel seminario “In altre parole: sfide del doppiaggio e dei sottotitoli”, dedicato alle sfide della traduzione dei film per bambini dall'inglese all'arabo, ci mostra quanto sia importante trovare la giusta traduzione ai fini della buona riuscita del sottotitolaggio e ancora di più del doppiaggio. Mobarak ha una laurea in antropologia, una laurea in studi teatrali, e collabora con la Disney nella traduzione di cartoni animati, canzoni e grandi classici come Cenerentola, Pinocchio, I Puffi e molti altri. I sottotitoli sono una sfida a causa delle limitazioni di tempo e spazio, infatti tutto ciò che un traduttore ha a disposizione è lo spazio di due righe che appariranno sullo schermo. Ogni riga può contenere solo sei o sette parole e questo limite dello spazio e del tempo nei sottotitoli sono una delle sfide più grandi per il buon traduttore. I sottotitoli, ci spiega, non funzionano nei film per bambini. Gli adulti vanno con i bambini e continuano a spiegare loro cosa sta succedendo. Il doppiaggio risolve questo problema e fa divertire tutti, trasmettendo i sentimenti e le sfumature della lingua originale.

Mobarak ha mostrato esempi di doppiaggio di (Lilly e il Vagabondo) in arabo colloquiale. In questo particolare film, i personaggi erano cani di strada. Di conseguenza, la lingua e le prestazioni dovevano adattarsi al concetto di come suonerebbe la lingua di un cane di strada. Il doppiaggio però presenta più limiti del sottotitolo. Un traduttore deve fare attenzione alla durata della frase per facilitare la pronuncia dell'attore. Ad esempio una frase del tipo "Buongiorno amico mio, come stai oggi?" Sarà tradotto naturalmente in

صباح الخير يا صديقى، كيف حالك اليوم؟

Va bene, ovviamente, ma non funziona nel doppiaggio perché un traduttore di doppiaggio conta effettivamente le sillabe di una frase. In questo caso le dieci sillabe in inglese risultarono in 15 in arabo. Altre cinque sillabe non sono accettabili. Quindi un traduttore deve prendere una decisione per eliminare alcune parole senza perdere il significato finché la frase non diventa più breve, come ad esempio:

مرحبا، كيف حالك اليوم؟

 

La traduzione di canzoni, ci spiega infine, è ancora più impegnativa perché i testi si adattano alla musica e così dovrebbe essere la traduzione. Un traduttore dovrebbe tenere presente che le parole tradotte verranno cantate, non recitate o lette. Il primo film d'animazione è stato Biancaneve, ed è stato realizzato nel 1937. Sebbene fosse tutto fatto a mano, il disegno e il doppiaggio di quel film sono fantastici, ed è stato realizzato nel 1975. Tutti gli elementi di cui abbiamo parlato in precedenza sono stati osservati in questo film. L'obiettivo principale della traduzione per il doppiaggio è quello di far sembrare il lavoro come se fosse stato originariamente prodotto nella lingua del doppiaggio.

 

Questi erano solo alcuni degli autori presenti nell’antologia; tra gli altri troviamo: Mohamed M. Tawfik, Adel El Siwi, Abdel Megid El Mehelmy, Leila Aboulela, Mai Serhan, Margaret Clare Gilligan, Behrouz Boochani e Omid Tofighian, Heba El-Kholy, Khaled Al Khamissi, Marcia Lynx Qualey, Randa Aboubakr, Rana Issa, Mona ElNamoury, Ahmad Ali Badawi, Claude Audebert, Hakan Özkan, Justin Kolb, Fernand Cohen, Zheng Zhong, and Chenxi Li, Elliott Colla, Fawwaz Traboulsi, Ellen Kenney, Basheer El Sibai, Mahmoud El Lozy, Nora Amin, Waleed Hammad e Dina Heshmat. 

 

a cura Mariagrazia Decente

 

 

 In the Shoes of the Other: 

Interdisciplinary Essays in Translation Studies

 

A cura di Samia Mehrez

Al Kotob Khan, dicembre 2019

ISBN: 9789778031133

 

Center for Translation Studies AUC (Cairo)
Center for Translation Studies AUC (Cairo)

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