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‘Abd Al-Fattah, la rivoluzione infinita

Secondo Amnesty International sono circa 60 mila i prigionieri politici detenuti nelle terribili carceri egiziane.

‘Alaa ‘Abd al-Fattah, blogger e informatico cairota, è uno dei prigionieri politici più celebri, un vero e proprio mito della rivoluzione egiziana e della lotta contro il regime.

I suoi scritti sono arrivati in Italia grazie alla coraggiosa campagna di tanti attivisti e giornalisti, al sostegno della sua famiglia e di Amnesty International e alla traduzione di Monica Ruocco. Il titolo scelto dalla casa editrice Hopefulmonster, Non siete ancora stati sconfitti, è l’estratto di una frase tramite la quale ‘Abd al-Fattah - che ironia della sorte condivide questo nome con quello del presidente egiziano - cerca di sollevare gli animi di chi ha la possibilità di lottare con più forza di lui contro il regime del suo paese. Il blogger rivolge tale appello anche a tutti coloro che in altri paesi del mondo stanno tentando di combattere le loro battaglie non violente per ottenere i diritti più sacrosanti, lotte giuste e coraggiose contro regimi violenti che discriminano i neri, i gay, le donne, le minoranze religiose.

Dal carcere ‘Alaa ‘Abd al-Fattah non cessa neanche un attimo di perorare le cause più difficili. Ne è un esempio la sua campagna contro le violenze sistematiche subite dalla chiesa copta in Egitto. Non ha paura di dire la verità, di accusare i Fratelli Musulmani di varie nefandezze, non ha paura di accusarli di aver lasciato soli i rivoluzionari. Parla del suo 25 gennaio 2011, giorno in cui lui era in Sudafrica. Cita le stragi di Maspero e di via Mohamed Mahmoud, avvenute alla fine del 2011, le stragi di piazza Raba’a al-Adawiya e piazza el-Nahda dell’agosto del 2013. Nella prima le vittime furono soprattutto cristiani copti, nella seconda i Fratelli Musulmani lasciarono i manifestanti in balia del regime, nella terza e nella quarta tantissimi musulmani che avevano sostenuto il leader deposto Morsi furono sanguinosamente schiacciati dalla polizia, ormai in mano al generale al-Sisi che di lì a qualche mese sarebbe divenuto presidente, e altri musulmani si vendicarono poi contro i copti. Ma ‘Alaa ‘Abd al-Fattah, nel commentare gli avvenimenti, non si fa prendere dalla faciloneria e spiega con semplicità che è giusto stare dalla parte di chi è stato ucciso, qualunque sia la fede che aveva professato sino al momento della sua sanguinosa morte. E che non è invece affatto giusto affermare che poiché i Fratelli Musulmani sono stati aggrediti era normale che poi se la facessero con chi era più debole di loro, dopo oltretutto aver perpetrato la violenza e aver abbandonato, come detto, chi aveva sostenuto la rivoluzione.

Non ha paura di raccontare il sistema Egitto, nel quale militari, integralisti e polizia stanno distruggendo un paese meraviglioso. Pur essendo da anni in carcere, pur avendo tentato il suicidio, pur avendo fatto scioperi di vario tipo, pur essendo debilitato, deluso e disilluso, ‘Alaa ‘Abd al-Fattah, uomo colto e sensibile, continua a credere nella forza delle persone, nella loro umanità. Spera che altri riescano a fare quello che a lui solo in parte è permesso. Perché lui è rinchiuso in carcere. È un monito anche per noi. E il suo libro, un collage di interviste, articoli, pensieri, tweet che non parlano solo di Egitto, ma anche di vita privata, mondo, tecnologie, economia e cambiamenti climatici, è

sicuramente un libro da leggere.

 

 

(Luca Calistri)

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