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Averroè, un intellettuale europeo e arabo

Cosa accomuna uno dei più celebri e colti intellettuali del Novecento, morto nel 1986 a Ginevra, alla più nota scrittrice di libri per bambini e ragazzi di tutto il mondo arabo, nata nel 1966?

Cosa avvicina l’Argentina, dove quell’uomo nacque e abitò per la maggior parte della sua vita, e il Libano, dove quella donna è nata? Qualche parola spagnola che deriva dalla lingua araba, il fatto che sorprendentemente la comunità libanese rappresenti la terza comunità del paese sudamericano dopo quella italiana e quella spagnola, e una terza cosa, non così importante forse, ma che ci incuriosisce anche più delle altre: la passione di quei due intellettuali, Jorge Luis Borges e Fatima Sherafeddine, per un terzo intellettuale, vissuto così tanto tempo prima di loro: Ibn Rushd, in Occidente noto come Averroè.

E così, a pochi giorni dall’anniversario della morte del filosofo e scienziato arabo-spagnolo, avvenuta in Marocco nel 1198, ci è venuta l’idea di ricordarlo analizzando parallelamente come quei due mondi opposti, la letteratura per ragazzi e i racconti metafisici, di cui Borges era maestro, parlano di lui.

Citato da Dante, Victor Hugo, Italo Calvino, Umberto Eco. Raffigurato da Raffaello. Protagonista del film del regista egiziano Shahin e del romanzo dello scrittore francese Sinoué. Averroè era tutto: europeo e arabo, pagano e musulmano, filosofo e teologo. Scrivere di lui è scrivere di infiniti mondi.

Le sue lotte dialettiche sono commoventi.

Egli, da buon musulmano, non ebbe mai dubbi sull’esistenza di Dio; sulla sua onnipotenza e onniperfezione. Proprio per questo però - in ciò andando contro le teorie coraniche - afferma che Dio non ha affatto deciso di creare il mondo. Se un essere è perfetto non può a un tratto provare un desiderio, quello della creazione, così immenso. Devo averlo sempre provato. Detta in altro modo, il mondo esiste da quando esiste Dio, ma essendo Dio eterno anche il mondo lo è. 

Altro punto: proprio perché Dio è perfetto anche l’intelletto che dona alle creature è perfetto, eterno, immortale, ma non le anime, corruttibili e mortali come lo sono i corpi: anche qui il musulmano Averroè va contro le teorie coraniche che prevedono l’esistenza di un paradiso. Sono discorsi complicati, ma Fatima Sherafeddine è davvero brava a renderli fruibili ai più giovani e ai meno avvezzi alle questioni più ardue della filosofia e della teologia. Abborda con entusiasmo la narrazione delle numerose prove che l’intellettuale arabo dovette affrontare nel corso della sua vita. Lo fa con precisione storica, ma non con pedanteria.

E in questo non è poi così diversa da Borges, il quale ambienta un racconto nella Cordoba araba del XII secolo, un racconto per il quale l’illustratore del libro di Fatima Sherafeddine potrebbe inventare immagini da sogno. Un racconto filosofico in cui lo scrittore argentino tenta di raffigurarsi Averroè che cerca di tradurre in lingua araba le espressioni “tragedia” e “commedia”, utilizzate da Aristotele in una delle sue opere. Due nozioni però totalmente estranee al mondo arabo. Nonostante Averroè, durante il racconto, veda dei bambini rappresentare spontaneamente dei ruoli da adulti e ascolti un interlocutore che gli racconta di ciò che avviene in Cina, dove assurdamente c’è chi invece di raccontare una storia la fa rappresentare da tante persone, nonostante la sua saggezza e intelligenza, non riesce a tradurre nella maniera giusta quei due vocaboli. Lo stesso Borges comprende di essere proprio come Averroè quando ha tentato di inventarsi un racconto su di lui: capisce come gli risulti impossibile calarsi in una realtà così lontana nel tempo e nello spazio.

Forse Fatima Sherafeddine, pur essendo nata in Libano nel ventesimo secolo anziché in Spagna nel dodicesimo secolo, possiede una dote in più, che condivide col pensatore medievale, quella della lingua (e della cultura araba).

Ma come Averroè, come Borges, alziamo le braccia anche noi. La sola Fatima Sherafeddine non può bastarci.

Ci viene così in soccorso la casa editrice Gallucci che contribuisce a diminuire la distanza che esiste tra noi e quel mondo altro, il mondo di Averroè certamente, ma anche quello di altri importanti personaggi della cultura araba.

 

Testo di Luca Calistri 

 

Titolo originale: Ibn Rushd

Titolo tradotto: I grandi personaggi, Averroè 

Autori: Fatima Sharafeddine - Hassan Amerkan - traduzione Francesca Maria Corrao

Casa editrice: Gallucci&Kalimat 

Anno: 2020 

Genere: Bambini 7+ 

 

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