
Nei giorni scorsi abbiamo intervistato Alessandra Amorello, autrice de "Il ritorno dell'Upupa", pubblicato dalla casa editrice Dar al-Yasmine e illustrato dall'illustratrice giordana Amani Yousef.
Il 26 aprile 2025, il libro ha ricevuto il premio "Forum's Award for the Best Child Book" nella categoria della media infanzia. Il riconoscimento, giunto alla sua dodicesima edizione, è promosso dall’Arab Children's Book Publishers Forum, un gruppo di 170 editori arabi interessati ai libri per bambini. Lo scopo del premio è dare risalto a opere in lingua araba dall’alto valore letterario e artistico che favoriscono l’immaginazione e la creatività nei bambini e nei ragazzi in modo innovativo. Il premio è diviso in tre categorie: la categoria della prima infanzia, la categoria della seconda infanzia e la categoria ragazzi.
Alessandra Amorello è un’arabista originaria di Palermo, specializzata nella traduzione della letteratura araba per l’infanzia. Dopo aver studiato in Tunisia e Siria, nel 2013 ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento della lingua araba presso l’Università di Roma La Sapienza. Attualmente vive a Milano e lavora come insegnante di inglese presso una scuola secondaria.
Nel 2020 ha ideato e lanciato il progetto interculturale “ITALIAN ARABIC KALIMĀT”, dedicato alle storie di Giufà, figura emblematica della tradizione orale mediterranea, ponte tra culture diverse. Il progetto nasce dal desiderio di valorizzare la lingua araba classica, spesso trascurata dai bambini e dalle bambine di origine araba che, vivendo in Italia, comunicano in dialetto con le famiglie.
Come scrittrice ha pubblicato Un vichingo a palazzo (2022), Marcello il Cammello Acquarello (2022) e in arabo Il ritorno dell’Upupa. Inoltre si è occupata della traduzione di Seguo il filo di Ala’ Kraman, Papaveri selvatici di Haya Saleh Il pane di mia madre di Mahmud Darwish, La donna dai due volti di Haifa Bitar, Pensa agli altri di Mahmud Darwish.
Ecco cosa Alessandra Amorello ci ha raccontato riguardo al suo libro Il ritorno dell'Upupa:
- Quali sono le tue impressioni a caldo dopo la vittoria del premio?
Sono profondamente emozionata e grata. È un riconoscimento che va oltre il valore letterario: è un segnale importante di attenzione verso una narrazione rispettosa, poetica e umana di un tema drammaticamente attuale. Il ritorno dell’Upupa è nato come un atto d’amore e di giustizia verso tutti quei bambini e quelle bambine che la guerra ha costretto al silenzio. Sapere che questa storia ha toccato il cuore di tanti è per me un’emozione immensa e un invito a continuare su questa strada.
- Quali sono state le motivazioni che ti hanno spinta a scrivere questo libro?
Ho scritto questo libro nel 2022, subito dopo essermi trasferita, ancora una volta, in una nuova città. Rimettendo a posto i libri dopo il trasloco, mi è ricapitato tra le mani La terra degli aranci tristi, un romanzo autobiografico di Ghassan Kanafani. Ho ripensato a quanto siamo fortunati noi che possiamo vivere liberi. E ho sentito il bisogno di raccontare cosa significa, invece, perdere la propria casa, essere costretti a lasciare tutto e portare con sé solo i ricordi e la speranza.
- Perché hai scelto proprio la figura di Kanafani?
Ho scelto Kanafani perché la sua infanzia rappresenta quella di migliaia di bambini palestinesi. Aveva solo dodici anni nel 1948, durante la Nakba, quando fu costretto a fuggire con la sua famiglia. Ma non è solo questo a renderlo speciale. Kanafani è stato uno dei più importanti scrittori palestinesi, e ha scritto anche per i bambini. Una delle sue opere, La piccola lanterna, l’ha dedicata alla sua adorata nipotina Lamis, morta tragicamente insieme a lui in un attentato nel 1972. Quel legame profondo con l’infanzia, la sua straordinaria sensibilità narrativa e la sua stessa esperienza di bambino profugo hanno reso per me naturale e necessario il desiderio di raccontarlo.
- A chi è diretto questo libro e quale messaggio speri di trasmettere?
Il libro è pensato per bambini e bambine, ma anche per genitori, insegnanti, educatori: per tutti coloro che credono nella forza della narrazione come strumento di consapevolezza.
Ogni anno, il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, nelle scuole italiane ci si mobilita per leggere romanzi scritti da autori che hanno vissuto l’orrore dell’Olocausto. È un momento importante, doveroso. Ma mi piacerebbe che ci fosse spazio anche per ricordare altri genocidi, altre voci dimenticate. Mi piacerebbe, ad esempio, che si leggesse qualche libro di Ghassan Kanafani o una poesia di Mahmud Darwish, per aprire lo sguardo su altre tragedie, su altri popoli che ancora oggi lottano per essere ascoltati. La memoria non è solo un esercizio del passato, ma una forma di resistenza viva. Attraverso la figura del piccolo Ghassan e la presenza simbolica dell’upupa, racconto la forza di chi resta, di chi sogna il ritorno, e di chi continua a credere nella giustizia. È un invito a guardare con empatia le storie degli altri, e a non voltarsi dall’altra parte.
Quando tutto è stato strappato – la casa, la terra, perfino il nome – restano la dignità, il profumo degli aranci e il canto dell’upupa. Ma perché bastino, serve che qualcuno sappia ascoltare. Alle nuove generazioni il compito più grande: custodire queste storie, riconoscerle come proprie, e farne seme di giustizia.
Ringraziamo Alessandra Amorello per il tempo che ci ha dedicato e per la disponibilità con cui ha condiviso le sue riflessioni, offrendo spunti preziosi sulla scrittura e sulla sua esperienza personale.
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Testo e intervista di Anastasia Andrich
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